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Conciliazione sindacale e verifica della maggiore rappresentatività

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L’Ispettorato nazionale del lavoro, intervenendo in merito al diniego opposto al deposito di verbali di conciliazione ad un’organizzazione sindacale, per supposta carenza di legittimazione, chiarisce che la rappresentatività va verificata solo se la procedura di conciliazione è disciplinata dal contratto collettivo.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro, con nota 17 maggio 2018, prot. n. 163, ha trasmesso alle sedi territoriali il parere relativo alle condizioni di deposito presso gli Ispettorati territoriali del lavoro dei verbali di conciliazione siglati in sede sindacale, ai sensi e per gli effetti di cui all’articolo 411 c.p.c. Si tratta di una questione sollevata dall’organizzazione sindacale Confederazione Dirigenti Quadri Impiegati dell’Agricoltura (Confederdia), la quale aveva segnalato all’INL il diniego, da parte di un ufficio territoriale, al deposito di verbali di conciliazione sottoscritti ex art. 411 c.p.c., motivato dalla presupposta carenza di legittimazione dell’organizzazione medesima. A riguardo, con la nota in commento, l’INL chiarisce che la verifica circa la maggiore rappresentatività dell’organizzazione sindacale, che ha assistito un lavoratore in sede di conciliazione ex art. 410 c.p.c., è prevista nei soli casi in cui la conciliazione sia stata disciplinata dal contratto collettivo di riferimento.

Quadro normativo

A seguito della riforma attuata dal Collegato Lavoro (art. 31, Legge n. 183/2010), la conciliazione in sede sindacale, viene disciplinata dal disposto dell’art. 412-ter c.p.c., secondo il quale «la conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’art. 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative». Raggiunto l’accordo, il verbale di avvenuta conciliazione, sottoscritto dal datore di lavoro, dal lavoratore e dai rappresentanti sindacali,
viene depositato, a cura di una delle parti o per il tramite dell’associazione sindacale, presso l’Ispettorato territoriale del lavoro che ne accerta l’autenticità e ne cura il deposito, a norma dell’art. 411 c.p.c., nella cancelleria del Tribunale competente. In tal modo l’accordo raggiunto in sede sindacale può acquistare efficacia esecutiva.

Alcuni contratti collettivi di categoria prestano attenzione alla materia delle controversie individuali, come ad esempio in linea generale, l’istituzione diapposite strutture paritetiche, a livello nazionale o territoriale, cui le parti interessate possono far riferimento per l’espletamento del tentativo di conciliazione secondo modalità e termini predefiniti, come si può ad esempio rilevare nei comparti del terziario, del credito e del turismo. L’obiettivo è poter dare alle parti una sede di confronto dove raggiungere, con l’assistenza tecnica dei
rappresentanti sindacali, una soluzione di compromesso. Vi sono, poi, altri contratti che, invece, si limitano ad inserire clausole più generiche, come ad esempio avviene nel CCNL Industria Metalmeccanica (Sez. IV, Tit. VII, art. 7).

A tal proposito, il parere in commento richiama i due requisiti previsti dalla normativa processuale civilistica necessari per un valido deposito dell’accordo sottoscritto. In particolare, quest’ultimo deve essere raggiunto con l’effettiva assistenza al lavoratore da parte di esponenti dell’organizzazione sindacale a cui lo stesso si è affidato, come ribadito anche dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 11167/1991 e, più recentemente, nella sentenza n. 12858/2003.
L’assistenza fornita dall’associazione in favore del lavoratore – purché effettiva e cioè correttamente attuata mediante la funzione di supporto che la legge assegna al sindacato (in tal senso, vedasi Corte Cass. Sez. lav. n. 20201/2017) – costituisce, pertanto, condizione imprescindibile e sufficiente per la validità della conciliazione sindacale e, dunque, per il suo deposito presso l’Ispettorato territoriale. Infatti, l’articolo 410 c.p.c., al 1° comma, prevede che «chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo 409 può promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione presso la commissione di conciliazione individuata secondo i criteri di cui all’art. 413». Inoltre, come precisato dal successivo articolo 411, comma 3, «il processo verbale di avvenuta conciliazione è depositato presso la Direzione provinciale del lavoro (oggi Ispettorato territoriale del lavoro) a cura di una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane l’autenticità,
provvede a depositarlo nella cancelleria del Tribunale nella cui circoscrizione è stato redatto». Pertanto, il direttore dell’Ispettorato territoriale del lavoro, o suo delegato, deve verificare l’autenticità del verbale di conciliazione e solo dopo tale riscontro è possibile procedere al deposito del verbale di conciliazione presso la cancelleria del Tribunale ed, eventualmente, ottenere il decreto di esecutività, su istanza della parte interessata.

Precedente orientamento ministeriale

La materia era già stata oggetto, in passato, di precisazioni da parte del Ministero del lavoro e delle politiche sociali. Rispondendo ad un quesito, infatti, la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, con nota prot. n. 5199 del 16 marzo 2016, aveva chiarito che, per il deposito dei verbali di conciliazione in sede sindacale ex art. 411 c.p.c., il soggetto sindacale deve essere in possesso di elementi di specifica rappresentatività. Valutata la difficoltà da parte degli uffici territoriali di verificare tale requisito, è possibile fare ricorso alle
indicazioni di cui al punto C della circolare n. 1138/G/77 del 17/03/1975, ancora operative, secondo le quali al fine di svolgere l’accertamento d’ufficio, l’Ispettorato territoriale del lavoro – già Direzione territoriale del lavoro, può richiedere alle parti sindacali di apporre sul verbale espressa dichiarazione di aver adottato le procedure di cui alla normativa vigente, intendendosi per tali non più quelle “previste da contratti o accordi collettivi” del testo previgente dell’art. 410 c.p.c., bensì quelle “previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative” di cui all’art. 412-ter c.p.c.. D’altra parte, la summenzionata circolare del 1975 tiene conto del fatto che i Direttori degli Uffici Territoriali non sono tenuti ad effettuare verifiche tecnicamente complesse e suscettibili di incidere virtualmente sulle prerogative sindacali (soprattutto nell’attuale fase di valorizzazione del criterio della maggiore rappresentatività), pertanto, nel pieno rispetto dell’art. 39 Cost., la responsabilità del rispetto e della corretta applicazione delle indicazioni di fonte legislativa viene spostata a livello di autoregolamentazione sindacale.

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, facendo seguito alla nota n. 5199/2016, in data 22 marzo 2016, con nota prot. n. 5755, ha ulteriormente precisato che, al fine di accertare il “possesso di elementi di specifica rappresentatività” utile all’espletamento dell’attività di deposito di verbali ex art. 411 c.p.c., è sufficiente che il verbale sia stato sottoscritto “in sede sindacale”, ossia con l’assistenza di un rappresentante sindacale di fiducia del lavoratore che appartenga ad associazioni sindacali maggiormente rappresentative. Pertanto,
conclude la nota ministeriale, la verifica in ordine alla “specifica rappresentatività” del soggetto sindacale non va basata sull’elemento formale del rispetto di procedure previste dai contratti collettivi, ma sul grado di rappresentatività del soggetto sindacale.

Il parere dell’Ispettorato

A riguardo, con la nota in commento, l’INL richiama il contenuto delle citate note del 2016 (prott. n. 5199 del 16 marzo 2016 e n. 5755 del 22 marzo 2016), circa il requisito di “specifica rappresentatività” dell’organizzazione sindacale.
Muovendo, infatti, dai ragionamenti sopra esposti, è possibile ritrovare un collegamento con il parere rilasciato in precedenza dalla competente Direzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nella parte in cui – non difformemente dall’interpretazione, seppur datata, fornita con la Circolare n. 1138/1975 – si è ribadito che, ai fini del deposito del verbale presso l’Ufficio territoriale, il soggetto sindacale “deve risultare in possesso di elementi di specifica rappresentatività”. Tale indicazione deve essere letta alla luce dell’art. 412 ter c.p.c., che consente la previsione in sede contrattuale di una specifica procedura di conciliazione (generalmente trattasi dell’istituzione di apposite strutture periferiche ovvero della fissazione della sede, dei termini e del contenuto dell’istanza) esclusivamente alle associazioni sindacali dotate del requisito della maggiore rappresentatività. Di conseguenza, solo con riferimento a tali ipotesi di “proceduralizzazione contrattuale”, risulta necessaria la verifica dell’effettiva sottoscrizione da parte dell’associazione sindacale del contratto collettivo della categoria in esame nonché la verifica del grado di rappresentatività del soggetto sindacale.

In altre parole, l’Ispettorato chiarisce che la verifica circa la maggiore rappresentatività dell’organizzazione sindacale, che ha assistito un lavoratore in sede di conciliazione ex art. 410 c.p.c., è prevista nei soli casi in cui la conciliazione sia stata disciplinata dal contratto collettivo di riferimento.

Ciò detto, posto che dalla predetta verifica dipende il deposito del verbale sottoscritto e la sua esecutività, nel parere in commento si sottolinea l’importanza di individuarne le possibili modalità.

Alla luce di quanto previsto nelle citate note ministeriali del 2016, l’INL evidenzia come sarà sufficiente verificare, semplicemente d’ufficio, l’apposizione sul verbale di un’espressa dichiarazione del soggetto sindacale di conformità al requisito di cui al citato articolo 412 ter. Si tratta di una soluzione che tiene conto del principio di responsabilizzazione del sistema di relazioni industriali, garantendo l’autoregolamentazione sindacale in applicazione delle norme che la prevedono.

Da ultimo l’INL, con l’occasione, mette nuovamente in risalto la distinta ipotesi della maggiore rappresentatività in termini comparativi esaminata diffusamente dalla recente circolare n. 3/2018. Tale requisito, infatti, condiziona l’operatività di alcuni istituti contrattuali previsti dai contratti collettivi di qualsiasi livello, nonché il godimento di benefici normativi e contributivi.

In questo caso, se nell’ambito dell’attività ispettiva si verifica l’assenza dell’efficacia dei contratti applicati, vi sarà la conseguente adozione dei provvedimenti dovuti (recuperi contributivi, diffide accertative, ecc.).

Del tutto diversa è, quindi, la questione in esame, attinente all’attività della conciliazione che la normativa processuale, nell’ambito della disciplina delle conciliazioni, attribuisce alle organizzazioni sindacali, affidando in tal caso all’Ispettorato del lavoro il compito di “depositario” dei relativi verbali unitamente alla verifica delle condizioni sopra descritte, tra le quali la maggiore rappresentatività nei soli casi in cui la conciliazione sia stata disciplinata dal contratto collettivo di riferimento.

IL TESTO DEL PROVVEDIMENTO

Ispettorato Nazionale del Lavoro
Nota 17 maggio 2018, n. 163
Oggetto: Deposito verbali di conciliazione in sede sindacale ex art. 411 c.p.c. –
Chiarimenti.

Con nota pervenuta in data 11 maggio 2018, l’Organizzazione sindacale Confederdia (Confederazione Dirigenti Quadri Impiegati dell’Agricoltura) ha riferito in merito al diniego di codesto Ispettorato territoriale relativamente al deposito di verbali di conciliazione sottoscritti ex art. 411 c.p.c., motivato dalla presupposta carenza di legittimazione dell’organizzazione medesima.

A riguardo, si ritiene opportuno rappresentare quanto segue, per meglio chiarire gli aspetti già affrontati dalla Direzione generale per l’attività ispettiva e dalla Direzione generale delle relazioni industriali del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

Ai sensi delle disposizioni del codice di procedura civile, «chi intende proporre in giudizio una domanda relativa ai rapporti previsti dall’articolo 409 può promuovere, anche tramite l’associazione sindacale alla quale aderisce o conferisce mandato, un previo tentativo di conciliazione…» (art. 410 c.p.c.).

L’art. 411, comma 3, c.p.c., come modificato dall’art. 31 della Legge n. 183/2010, prevede che «il processo verbale di avvenuta conciliazione è depositato presso la Direzione provinciale del lavoro a cura di una delle parti o per il tramite di un’associazione sindacale. Il direttore, o un suo delegato, accertatane l’autenticità, provvede a depositarlo nella cancelleria del tribunale nella cui circoscrizione è stato redatto».

Ne consegue che il presupposto fondamentale della conciliazione sindacale è la circostanza che l’accordo sia raggiunto con un’effettiva assistenza del lavoratore da parte di esponenti della propria organizzazione sindacale cioè di quella alla quale egli ha ritenuto di affidarsi, così come ribadito dal giudice di legittimità (con la sentenza n. 12858/2003 la Corte di Cassazione ha sostanzialmente confermato quanto già affermato in passato con la sentenza n. 11167/1991).

L’assistenza fornita dall’associazione in favore del lavoratore – purchè effettiva e cioè correttamente attuata mediante la funzione di supporto che la legge assegna al sindacato (in tal senso, vedasi Corte Cass. Sez. lav. n. 20201/2017) – costituisce, pertanto, condizione imprescindibile e sufficiente per la validità della conciliazione sindacale e, dunque, per il suo deposito presso l’Ispettorato territoriale.

L’ulteriore requisito richiesto espressamente dalla legge, ovvero l’autenticità del verbale di conciliazione, accertata dal direttore dell’Ispettorato territoriale o da un suo delegato, consente il deposito del verbale medesimo presso la cancelleria del Tribunale e, per ciò stesso, la possibilità di ottenere, su istanza della parte interessata, il decreto di esecutività.

Quanto sopra esposto si concilia con il parere rilasciato in precedenza dalla competente Direzione del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (prot. 5199 del 16/03/2016 e prot. 5755 del 22/03/2016) nella parte in cui – non difformemente dall’interpretazione, seppur risalente, fornita con la Circolare n. 1138/1975 – si è ribadito che, ai fini del deposito del verbale presso l’Ufficio territoriale, il soggetto sindacale «deve risultare in possesso di elementi di specifica rappresentatività».

La suddetta interpretazione deve essere, infatti, letta alla luce dell’art. 412 ter c.p.c. per il quale «la conciliazione e l’arbitrato, nelle materie di cui all’articolo 409, possono essere svolti altresì presso le sedi e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative».

In altri termini, la norma consente la previsione in sede contrattuale di una specifica procedura di conciliazione (generalmente trattasi dell’istituzione di apposite strutture periferiche ovvero della fissazione della sede, dei termini e del contenuto dell’istanza) esclusivamente alle associazioni sindacali dotate del requisito della maggiore rappresentatività.

Ne consegue che soltanto con riferimento alle suddette fattispecie di “proceduralizzazione contrattuale” della conciliazione sindacale si rende necessaria la verifica dell’effettiva sottoscrizione da parte dell’associazione sindacale del contratto collettivo della categoria in esame nonché la verifica del grado di rappresentatività del soggetto sindacale che, come precisato dalle citate note ministeriali, pur non potendosi concretare in un mero riscontro formale del rispetto delle procedure previste, potrà essere tuttavia effettuata mediante
l’apposizione sul verbale di un’espressa dichiarazione del soggetto sindacale di conformità al requisito di cui all’art. 412-ter c.p.c.

In conclusione, come già chiarito con la citata nota ministeriale del 22 marzo 2016, posto che non tutti i contratti collettivi prevedono una specifica disciplina della conciliazione, la soluzione della “responsabilizzazione”, e cioè dell’autodichiarazione del soggetto sindacale in ordine al possesso del requisito della maggiore rappresentatività (da doversi adottare – si ribadisce – nelle sole ipotesi in cui la conciliazione sindacale è realizzata secondo specifiche disposizioni contrattuali) consente di evitare all’Ispettorato territoriale accertamenti tecnicamente complessi e, al contempo, garantisce l’autoregolamentazione sindacale in applicazione delle norme che la prevedono.

Deve peraltro evidenziarsi che la disamina in esame, relativa ai requisiti richiesti dalle disposizioni di procedura civile per la conciliazione sindacale, non va posta in correlazione con la diversa tematica della verifica dei requisiti delle organizzazioni sindacali richiesti dalla normativa per l’applicazione di determinati istituti.

Ci si riferisce al requisito della maggiore rappresentatività in termini comparativi delle organizzazioni firmatarie, espressamente richiesto dall’art. 51 del D.Lgs. n. 81/2015, ai fini dell’applicazione di determinate discipline normative.

Come più ampiamente illustrato con la Circolare n. 3/2018 di questo Ispettorato,la verifica del più incisivo carattere della maggiore comparatività concerne l’applicazione, in ambito contrattuale, di determinate discipline legislative che, in assenza del requisito richiesto dall’art. 51 cit., restano prive di efficacia.

In altri termini, la disciplina contrattuale prevista da un contratto collettivo che non sia stato stipulato dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative comporta l’inefficacia della disciplina normativa applicata.

Da qui l’attenzione richiamata, con la citata Circolare, in ordine all’azione di vigilanza volta a verificare l’efficacia dei contratti applicati e, in mancanza, la conseguente adozione dei provvedimenti dovuti (recuperi contributivi, diffide accertative, ecc.).

Del tutto diversa è la vicenda in esame relativa all’attività della conciliazione che la normativa processuale, nell’ambito della disciplina delle conciliazioni, attribuisce alle organizzazioni sindacali, affidando in tal caso all’Ispettorato del lavoro il compito di “depositario” dei relativi verbali unitamente alla verifica delle condizioni sopra descritte, tra le quali la maggiore rappresentatività nei soli casi in cui la conciliazione sia stata disciplinata dal contratto collettivo di riferimento.

(Fonte Guisa al Lavoro)