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Illegittimo il licenziamento disposto per una riorganizzazione aziendale

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Il licenziamento di un lavoratore intimato in seguito a ragioni produttive ed organizzative, non adeguatamente supportate dal nesso causale è illegittimo. La nuova pianificazione aziendale, infatti, non incarna di per sé una causa di soppressione dei posti lavorativi, con la conseguenza che, se non adeguatamente sostenuta, determina la caducazione del recesso disposto. A precisarlo è la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9895 depositata in data 20 aprile 2018

Una società decideva di interrompere il rapporto di lavoro, con due dipendenti adibiti a mansioni di ispettori commerciali, in seguito allo stato di crisi aziendale. In particolare, ai lavoratori era rappresentato lo stato di crisi in ragione del quale l’impresa era costretta a procedere al contenimento dei costi produttivi di gestione mediante una riorganizzazione aziendale, causa della soppressione dei posti. Il provvedimento era immediatamente impugnato. Sia il Tribunale (nella fase di cognizione) sia la corte di appello ritenevano illegittimo il provvedimento dell’’impresa ritenuto irragionevole e non adeguatamente provato.

Avverso la predetta decisione il datore di lavoro ricorreva in Cassazione, per sostenere la fondatezza del licenziamento.

La decisione

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 9895, depositata il 20 aprile 2018, ha rigettato il ricorso presentato dalla società datrice di lavoro.

In particolare, i giudici di legittimità chiariscono che il licenziamento per giusta causa, deve essere adeguatamente motivato e supportato da esigenze che rendono improrogabile il protrarsi del rapporto lavorativo. Le cause possono dipendere sia da elementi soggettivi, legati alla condotta del dipendente che ha determinato il venir meno del necessario rapporto di fiducia reciproca; sia da fattori di natura economica attinenti alla crisi aziendale.

Nella seconda ipotesi, prosegue la Corte, le ragioni produttive ed organizzativa del lavoro, di fatto, costituiscono solo una causa del licenziamento e, non integrano la soppressione del posto di lavoro. Tuttavia, secondo i giudici della Corte, non possono essere aprioristicamente escluse da quelle attinenti ad una migliore efficienza produttiva; per tale motivo il giudice di merito è chiamato a verificarne la reale sussistenza e fondatezza, la cui assenza determina l’illegittimità della cessione del rapporto lavorativo.

Nel caso in esame, il licenziamento degli ispettori, derivava in realtà da una riorganizzazione aziendale dovuta allo scarso rendimento di alcune aree, fra le quali quelle di loro competenza.

Da qui il rigetto del ricorso.

(Fonte IPSOA)