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Appalti illeciti: dall’Ispettorato del lavoro le indicazioni per i recuperi contributivi

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L’Ispettorato nazionale del lavoro è intervenuto con la circolare n. 10/2018 per fornire indicazioni al personale di vigilanza del Ministero e di INPS e INAIL, in materia di appalti illeciti. Nel documento di prassi l’Ispettorato si sofferma sulle modalità di calcolo della contribuzione dovuta a titolo di recupero una volta accertate inadempienze retributive e contributive.

Si ha un fittizio contratto di appalto (appalto di manodopera), che maschera una interposizione illecita di manodopera, quando lo pseudo-appaltatore si limita a mettere a disposizione dello pseudo-committente le mere prestazioni lavorative dei propri dipendenti, che finiscono per essere alle dipendenze effettive di quest’ultimo, il quale detta loro le direttive sul lavoro, esercitando su di essi i tipici poteri datoriali.

Si definisce appalto il contratto con cui una parte, l’appaltatore, si obbliga nei confronti di un’altra, committente o appaltante, a compiere, con l’organizzazione di mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, un’opera o un servizio verso un corrispettivo in denaro.

La disciplina vigente prevede due tipologie di appalto:

1. l’appalto d’opera, che ha ad oggetto la realizzazione di un’opera, ossia:

  • la modifica materiale di una cosa preesistente (ad esempio la ristrutturazione di un immobile);
  • la creazione di un nuovo bene (ad esempio, l’incarico di costruire una casa su un terreno di proprietà del committente);

2. l’appalto di servizi, che ha ad oggetto l’esecuzione di un’attività utile per il committente, senza elaborazione o trasformazione di beni materiali. All’appalto di servizi si applicano, in quanto compatibili, sia le norme in tema di appalto d’opera sia quelle del contratto di somministrazione.

L’appaltatore deve organizzare i mezzi e svolgere ogni attività necessaria perché sia realizzata l’opera, o il servizio, autonomamente e nel rispetto delle modalità pattuite. L’adempimento dell’obbligazione si ha solo quando l’oggetto del contratto è pienamente realizzato, quindi l’appaltatore ha un’obbligazione di risultato.

I principali requisiti che consentono di contraddistinguere l’appalto sono:

– organizzazione dei mezzi produttivi dell’appaltatore, che deve essere strutturato come un’impresa. Il requisito dell’organizzazione è sicuramente presente quando il lavoro è svolto in prevalenza da personale non appartenente al nucleo familiare e in presenza di un ampio complesso di mezzi produttivi.

– rischio d’impresa sull’appaltatore: l’opera o il servizio oggetto dell’appalto sono compiuti dall’appaltatore con gestione a suo rischio. Si tratta di un rischio di tipo economico, poiché l’opera o il servizio sono realizzati con capitali propri dell’appaltatore;

– autonomia dell’appaltatore: l’appaltatore nell’esecuzione della sua prestazione ha un’ampia autonomia rispetto alle possibili interferenze del committente, anche quando il progetto dell’opera è fornito da quest’ultimo.

Nel realizzare l’opera o il servizio l’appaltatore è libero di decidere come organizzare e regolare lo svolgimento del lavoro e come predisporre e apprestare i mezzi necessari; il committente ha, comunque, la facoltà di verificare la rispondenza della prestazione alle prescrizioni e alle esigenze contrattualmente previste. Può anche effettuare verifiche in corso d’opera e nominare un direttore dei lavori, ma non può interferire con l’organizzazione dell’impresa appaltatrice, la sua gestione ed i rapporti con i dipendenti.

I recuperi retributivi dipendono dalla facoltà di cui dispone il lavoratore in merito alla costituzione del rapporto di lavoro verso l’utilizzatore, con ricorso al Tribunale in funzione di Giudice del lavoro. Considerare il lavoratore dipendente dell’effettivo utilizzatore non sarà quindi automatico.

Dal 2016 (D.Lgs. n. 8/2016), sono state depenalizzate la somministrazione abusiva (cioè senza le prescritte autorizzazioni) e l’utilizzazione illecita di manodopera.

La sanzione è pari a 50 euro per ogni giornata e per ciascun lavoratore occupato, ed è comminata al somministratore e all’utilizzatore. La sanzione minima non può, in ogni caso, essere inferiore a 5mila euro e superiore a 50mila euro. In questo caso resta esclusa la possibilità di irrogare sanzioni per lavoro nero in quanto il rapporto di lavoro risulta essere comunque ufficialmente esistente per via dei connessi adempimenti retributivi e contributivi, anche se facenti capo ad un datore di lavoro che non è l’effettivo utilizzatore delle prestazioni.

N.B. Qualora venga accertato lo sfruttamento di minori nell’ambito dell’appalto illecito, le conseguenze sanzionatorie sono molto più pesanti; in questo caso, scatta anche la sanzione penale, con l’arresto fino a 18 mesi e l’aumento dell’ammenda sopra indicata fino al sestuplo per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di occupazione.

In caso di appalto irregolare, lavoratore è legittimato a richiedere la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze del committente, con qualsiasi atto scritto, entro 60 giorni.

La costituzione del rapporto di lavoro alle dipendenze del committente ha effetto ex tunc, dalla data di effettivo inizio dell’appalto irregolare.

I pagamenti a titolo retributivo e contributivo effettuati dall’appaltatore valgono, comunque, a liberare il committente fino a concorrenza delle somme versate.

I dipendenti dell’appaltatore, inoltre, hanno diritto di proporre azione diretta contro il committente per conseguire quanto è loro dovuto, fino a concorrenza del debito che il committente ha verso l’appaltatore al tempo della domanda.

Indicazioni dell’Ispettorato

Il provvedimento di diffida accertativa potrà essere adottato esclusivamente nei confronti dello pseudo appaltatore in relazione alle retribuzioni non correttamente corrisposte in ragione del CCNL dallo stesso applicato.

Il rapporto rilevante per l’ente è quello con il datore effettivo e quindi “gli obblighi di natura pubblicistica in materia di assicurazioni sociali, una volta accertato che la prestazione lavorativa è resa in favore dell’utilizzatore, che si configura, pertanto quale datore di lavoro di fatto – gravano per l’intero su quest’ultimo“.

Il personale ispettivo procederà quindi sul committente/utiizzatore, “fatta salva l’incidenza satisfattiva dei pagamenti effettuati dallo pseudo appaltatore”, che verrà chiamato ancora in causa nel caso in cui non vada a buon fine il recupero contributivo verso l’utilizzatore.

In assenza della costituzione del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore per effetto del mancato esercizio dell’azione di cui all’art. 414 c.p.c., il provvedimento di diffida accertativa potrà essere adottato esclusivamente nei confronti dello pseudo appaltatore in relazione alle retribuzioni non correttamente corrisposte in ragione del CCNL dallo stesso applicato.

Il recupero contributivo, invece, non può ritenersi condizionato dalla scelta del lavoratore di adire l’autorità giudiziaria per ottenere il riconoscimento del rapporto di lavoro in capo all’utilizzatore; pertanto, in ambito previdenziale, vale il principio secondo cui “l’unico rapporto di lavoro rilevante verso l’ente previdenziale è quello intercorrente con il datore di lavoro effettivo”. Quindi, conclude l’INL, una volta accertato che la prestazione lavorativa è resa in favore dell’utilizzatore – che si configura, dunque, quale datore di lavoro di fatto – gravano per l’intero su quest’ultimo i contributi dovuti.

Il personale ispettivo dovrà, quindi, determinare l’imponibile contributivo dovuto per il periodo di esecuzione dell’appalto con riferimento al CCNL applicabile al committente, ed effettuare il recupero contributivo nei confronti dello stesso, fatta salva l’incidenza satisfattiva dei pagamenti effettuati dallo pseudo appaltatore. Qualora non vada a buon fine il recupero contributivo nei confronti del committente/utilizzatore, l’ammontare dei contributi potrà essere richiesto in capo allo pseudo appaltatore, il quale non può comunque ritenersi del tutto estraneo alle vicende accertate.

Sotto il profilo retributivo, va evidenziato che, nelle ipotesi di appalto illecito la circostanza che il lavoratore sia considerato dipendente dell’effettivo utilizzatore della prestazione non è automatica, ma è subordinata al fatto costitutivo dell’instaurazione del rapporto di lavoro su domanda del lavoratore. In caso contrario il provvedimento di diffida accertativa potrà essere adottato esclusivamente nei confronti dello pseudo appaltatore, in relazione quindi alle retribuzioni non correttamente corrisposte in ragione del CCNL dallo stesso applicato.

Sul piano invece del recupero contributivo, osserva l’Ispettorato, il rapporto previdenziale intercorrente tra datore di lavoro e Ente previdenziale trova la propria fonte nella legge e presuppone esclusivamente l’instaurazione di fatto di un rapporto di lavoro: una volta accertato che la prestazione lavorativa è resa in favore dell’utilizzatore (datore di lavoro di fatto) gli oneri e obblighi contributivi gravano per l’intero su quest’ultimo.

Il personale ispettivo, quindi, procederà alla determinazione dell’imponibile contributivo dovuto per il periodo di esecuzione dell’appalto avendo riguardo al CCNL applicabile al committente e al conseguente recupero nei confronti dello stesso, fatta salva l’incidenza satisfattiva dei pagamenti effettuati dallo pseudo appaltatore.

In ogni caso, qualora non vada a buon fine il recupero contributivo nei confronti del committente/utilizzatore, l’ammontare dei contributi possa essere richiesto in capo allo pseudo appaltatore, il quale non può ritenersi del tutto estraneo alle vicende accertate.

(Fonte IPSOA)