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Lavoratori impatriati: i benefici fiscali applicabili se si svolgono mansioni diverse

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L’Agenzia delle Entrate torna ad occuparsi del particolare regime di favore previsto, dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015, per i lavoratori impatriati soffermandosi sul caso piuttosto comune del lavoratore che rientri in Italia dopo un periodo di distacco all’estero.

Nella circolare n. 17/E/2017 era stata assunta una posizione di estrema chiusura; la circolare, difatti, afferma che “il beneficio non compete ai soggetti che rientrano in Italia dopo essere stati in distacco all’estero ed avere acquisito la residenza estera per il periodo di permanenza richiesto dalla norma. Ciò in quanto il loro rientro in Italia, avvenendo in esecuzione delle clausole del preesistente contratto di lavoro, si pone in sostanziale continuità con la precedente posizione di lavoratori residenti in Italia e, pertanto, non soddisfa la finalità attrattiva della norma”.

In altri termini, posto che la funzione della normativa è di incentivare l’ingresso in Italia di lavoratori è evidente che non possono fruire del beneficio i dipendenti che per contratto devono necessariamente far rientro nel nostro Paese. Rispetto a questa posizione estremamente rigida, la più recente prassi amministrativa ha elaborato delle eccezioni. Ad esempio, con la risposta ad interpello n. 45/2018 l’Agenzia delle Entrate ha ritenuto applicabile il regime in parola ad un caso particolare di rientro in Italia dopo un periodo di distacco all’estero.

Il caso su cui si è pronunciata l’Amministrazione finanziaria fa riferimento ad un cittadino straniero che, dopo essere entrato nel gruppo di cui fa parte la società istante ha svolto all’estero diversi incarichi alle dipendenze di diverse società del gruppo sin dal 1994. Nel 2015 è stato assunto da una società italiana con inquadramento professionale di dirigente e, nel corso del 2015, è stato distaccato all’estero.

L’assunzione in Italia era finalizzata al distacco all’estero, inoltre, il lavoratore aveva mantenuto all’estero il centro dei suoi interessi e non si era iscritto all’anagrafe della popolazione residente, qualificandosi, quindi, quale soggetto fiscalmente non residente in Italia.

Successivamente, il datore di lavoro ha offerto al dipendente la possibilità di ricoprire un nuovo ruolo in Italia di portata superiore in termini di responsabilità e di remunerazione; a fronte di ciò l’interessato nel 2018 si è trasferito in Italia acquisendo la residenza fiscale nel nostro Paese.

In buona sostanza, conclude l’istante, il trasferimento in Italia del dipendente non è dipeso dal rispetto delle condizioni contrattuali del distacco in essere, ma è frutto di una nuova negoziazione. Ci si chiede, dunque, se l’interessato possa beneficiare del regime di favore previsto dall’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015.

L’Agenzia delle Entrate, nell’interpello n. 45/2018, risponde positivamente argomentando, in primo luogo, che la posizione fatta propria dalla circolare n. 17/E/2017 non preclude la possibilità di valutare specifiche ipotesi in cui il rientro in Italia non sia conseguenza della naturale scadenza del distacco, ma sia determinato da altri elementi funzionali alla ratio della norma agevolativa. Secondo il provvedimento, ciò può verificarsi, ad esempio, ove:

  • il distacco sia più volte prorogato e, la sua durata nel tempo, determini quindi un affievolimento dei legami con il territorio italiano e un effettivo radicamento del dipendente nel territorio estero;
  • il rientro in Italia del dipendente non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa in Italia; il dipendente, pertanto, al rientro assume un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario in ragione delle maggiori competenze ed esperienze professionali maturate all’estero.

Nel caso di specie, pertanto, il dipendente, considerato che il trasferimento in Italia è da attribuire ad un nuovo ruolo di portata superiore rispetto al precedente grazie alle specifiche competenze maturate nelle esperienze lavorative all’estero, può, al ricorrere di tutte le altre condizioni previste dalla normativa, accedere al beneficio di cui al più volte citato art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015.

La posizione espressa dalla circolare n. 17/E/2017 aveva l’evidente scopo di evitare abusi della normativa; tuttavia, l’esperienza concreta aveva già dimostrato come il rientro dal distacco non fosse un atto “automatico” in quanto per molte realtà aziendali il lavoro svolto all’estero rappresenta l’essenza stessa del rapporto con il dipendente.

A fronte di ciò, pertanto, non può che essere accolta con favore l’apertura dimostrata dalla prassi in commento che, d’altra parte, si allinea alla precedente risoluzione n. 76/2018 la quale, con argomentazioni del tutto analoghe, aveva ritenuto fruibile il beneficio fiscale da parte di un dipendente distaccato per lungo periodo all’estero e poi rientrato in Italia con un differente ruolo.

Più in generale, per certi versi, si rileva una linea interpretativa più morbida dell’Agenzia sull’agevolazione in commento; con la risoluzione n. 72/E/2018, ad esempio, l’Agenzia ha chiarito che ai fini della valorizzazione del periodo di lavoro svolto all’estero utile all’accesso al particolare regime degli impatriati rilevano anche le attività esercitate presso aziende straniere appartenenti al medesimo gruppo di quello dell’azienda italiana con cui viene instaurato un rapporto di lavoro e alla quale viene richiesta l’applicazione dei benefici fiscali in questione.

Tornando al tema del distacco all’estero, quel che sembra potersi desumere dal pronunciamento oggetto delle presenti note è che il regime sia sicuramente applicabile ove possa essere escluso (dall’analisi fattuale) un necessario rientro in Italia (caso tipico quello del dipendente assunto per essere distaccato); più delicata è la differente casistica del lavoratore a ruolo Italia successivamente distaccato con ipotesi di rientro, ma che, per modifiche successive, rimane all’estero per un tempo particolarmente lungo e che fa ritorno in Italia con mansioni completamente diverse da quelle in precedenza esercitate. In siffatte fattispecie, un’analisi caso per caso non può che essere raccomandata valutando, nelle fattispecie più complesse, la preventiva presentazione di un’istanza di interpello.

Roma, 7 novembre 2018

(Fonte IPSOA)