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Bonus “presenza” per il lavoro svolto nei confini nazionali

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Precluso per i lavoratori all’estero, il premio, connesso alla situazione emergenziale, è destinato a coloro che hanno sopportato il disagio di recarsi in sede, di andare in trasferta o in missione in Italia

Il contributo di 100 euro previsto dal decreto “Cura Italia” a favore dei lavoratori che, nonostante la difficile situazione causata dall’emergenza epidemiologica, nel mese di marzo 2020, hanno continuato a spostarsi nel territorio per svolgere la propria attività, non può essere esteso agli impiegati a contratto assunti all’estero, in quanto svolgono la propria prestazione fuori dai confini nazionali.

È quanto precisa l’Agenzia delle entrate con la risposta n. 271 del 20 aprile 2021. Il chiarimento è richiesto da un ministero, che si avvale, presso le sedi di rappresentanza estere, di personale di ruolo temporaneamente in esse trasferito e di dipendenti a contratto permanentemente, residenti nello Stato nel quale vengono assunti.

Il quesito, nello specifico, riguarda la possibilità di erogare il “premio” previsto dall’articolo 63 del Dl n. 18/2020, agli impiegati a contratto che sono assunti dagli uffici della rete diplomatico-consolare all’estero, distinti dal personale di ruolo, indipendentemente dal regime fiscale e previdenziale applicato.

Il documento descrive dettagliatamente le diverse tipologie di contratto che regolano il rapporto tra contrattisti e ministero e gli effetti fiscali e previdenziali.

In particolare, si distinguono due categorie: i contratti “ad esaurimento” che sottostanno alla legge italiana, e quelli disciplinati, con determinati limiti volti a salvaguardare il lavoratore, dalla legge locale.

In ogni caso, riguardo alla tassazione delle retribuzioni corrisposte, prevale, in linea generale, il principio di attrazione al regime fiscale dello Stato che eroga la retribuzione (quindi l’Italia), salvo disposizioni internazionali di diversa previsione o convenzioni contro la doppia imposizione. Nel nostro Paese la tassazione delle indennità per le prestazioni all’estero è regolata dall’articolo 51, comma 8, del Tuir. Nel caso in cui il personale è soggetto ad imposizione nel Paese estero, la base imponibile fiscale varia a seconda della legislazione di ciascun Paese. A prescindere dal regime fiscale applicato (italiano o dello Stato di assunzione del personale), infine, i lavoratori interessati sono iscritti alle forme previdenziali dell’Inps.

Il parere negativo dell’Agenzia prescinde dalle caratteristiche dei contratti di lavoro e dalla normativa fiscale applicata, irrilevanti ai fini dell’erogazione del contributo oggetto dell’interpello.

L’articolo 63 del decreto “Cura Italia” ha previsto, tra le misure messe in campo nel periodo di emergenza da Covid-19 a sostegno di famiglie, lavoratori e imprese, un contributo di 100 euro, rapportato ai giorni di lavoro svolti in sede a marzo 2020, in esenzione di imposta, a favore dei dipendenti che hanno dovuto continuare a prestare la loro attività in presenza, spostandosi sul territorio nazionale, senza poter adottare forme alternative di lavoro come lo smart working.

La risposta al quesito in esame alloggia nella circolare n. 11/2020, che ha precisato che il sostituto d’imposta non può versare il contributo in questione ai dipendenti che prestano la loro attività all’estero.

La ratio della misura, infatti, è premiare il personale che nel corso del mese di marzo 2020 ha continuato a recarsi presso il luogo di lavoro o si è spostato in trasferta presso clienti o in missione presso sedi secondarie dell’impresa, nonostante l’emergenza sanitaria esistente nel Paese.

In definitiva, così come, in linea con la norma, non possono beneficiare del contributo i dipendenti in smart working o in telelavoro, l’indennità non può essere erogata neanche agli impiegati a contratto assunti all’estero, perché svolgono la loro attività al di fuori del Paese.

Fonte FiscoOggi.it