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Regime fiscale impatriati: i chiarimenti dell’Agenzia

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Nel commentare le novità dello specifico trattamento fiscale agevolato, sono risolte alcune perplessità interpretative, anche attraverso l’inserimento di appropriati esempi di situazioni particolari

Con la circolare n. 33/E del 28 dicembre 2020 l’Agenzia delle entrate fornisce alcuni chiarimenti interpretativi sul “regime speciale per lavoratori impatriati”, disciplinato dall’articolo 16 del Dlgs. n. 147/2015 (decreto “Internazionalizzazione”), come modificato, dapprima, dall’articolo 5 del Dl n. 34/2019 (decreto “Crescita”), in vigore dal 1° maggio 2019, a sua volta modificato dall’articolo 13-ter del Dl n. 124/2019 (collegato alla legge di bilancio 2020), in vigore dal 25 dicembre 2019.

Il nuovo regime agevolativo: ambiti oggettivo e soggettivo

Sono agevolabili i redditi di lavoro dipendente e assimilati, quelli di lavoro autonomo e di impresa, prodotti dai lavoratori che non siano stati residenti in Italia nei due periodi di imposta precedenti il rimpatrio, che trasferiscono la residenza fiscale nel Paese e che si impegnano a risiedervi per almeno due anni, svolgendo attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.

L’agevolazione è rivolta, altresì, nei confronti dei laureati, italiani e non, che abbiano svolto all’estero “continuativamente” un’attività di lavoro fuori dall’Italia negli ultimi ventiquattro mesi precedenti il rimpatrio e di coloro che, sempre per il medesimo periodo, abbiano svolto attività di studio al fine di conseguire una laurea o un titolo post lauream e che trasferiscano in Italia la residenza fiscale per ivi svolgere attività lavorativa.

Il quantum dell’esenzione

La percentuale di tassazione del reddito prodotto in Italia passa dal 50 al 30%, ed è ulteriormente ridotta al 10% per chi trasferisce la residenza in alcune Regioni del Centro-Sud Italia.

La decorrenza dell’agevolazione

Il decreto “Crescita” prevedeva la decorrenza delle modifiche “a partire dal periodo d’imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto”, ovvero dal 2020 e, dunque, si applicava ai soggetti trasferiti in Italia dopo il 2 luglio 2019.

Successivamente, il “Collegato” ha modificato la decorrenza della novella, prevedendo che la stessa si applica, a decorrere dal 2019, nei confronti dei soggetti che trasferiscono la residenza in Italia a decorrere dal 30 aprile 2019.

Per chi è rientrato tra il 30 aprile e il 2 luglio 2019

Al riguardo, la circolare in commento precisa che la normativa più favorevole, che riguarda i lavoratori che trasferiscono la residenza in Italia dal periodo di imposta 2020, si applica anche nei confronti di coloro che sono rientrati in Italia a partire dal 30 aprile 2019, i quali, in assenza della previsione normativa, avrebbero comunque goduto dell’agevolazione in questione, ma nella versione meno favorevole (detassazione del 50% e non del 30% del reddito prodotto in Italia). Così facendo, il legislatore ha inteso correggere un’evidente disparità di trattamento tra i soggetti che sarebbero rientrati in Italia a decorrere dal 3 luglio 2019 e quelli già rientrati dal 30 aprile 2019, che per circa due mesi sarebbero rimasti esclusi dalla normativa più favorevole. Tuttavia, la circolare chiarisce che i soggetti che hanno trasferito la residenza fiscale in Italia dal 30 aprile 2019 al 2 luglio 2019, in presenza di tutti i requisiti previsti dalla norma, possono avvalersi dell’agevolazione nella minore misura del 50%, in attesa che venga emanato il decreto del ministero dell’Economia e delle Finanze, con cui sono stabiliti i criteri per la richiesta di accesso alle prestazioni del “fondo controesodo”.

Il periodo di applicazione

La durata del beneficio, fissata in cinque periodi di imposta, viene estesa per ulteriori cinque periodi di imposta (con tassazione del 50% del reddito negli ulteriori cinque periodi), in presenza di particolari ipotesi, ovvero se il lavoratore:

  • ha un figlio minorenne o a carico
  • acquista un immobile residenziale successivamente al trasferimento in Italia o nei dodici mesi precedenti il trasferimento stesso
  • ha almeno tre figli minorenni o a carico. Solo in questo caso la percentuale di tassazione si riduce al 10% negli ulteriori cinque periodi di imposta.

Nel commentare il nuovo regime agevolativo, la circolare risolve alcuni dubbi interpretativi, anche attraverso l’utile inserimento di esempi, che riportiamo:

1) Sui presupposti per l’estensione temporale

Al proposito, la circolare precisa che i presupposti richiesti dalla norma, ai fini dell’estensione dell’agevolazione per un ulteriore quinquennio, devono venire a esistenza entro il primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione. Nello specifico:

  • i figli minori o a carico (anche in affido preadottivo, o i tre figli) devono essere nati entro la scadenza del primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione. La circostanza che, successivamente al rientro, i figli diventino maggiorenni (ovvero fiscalmente non più a carico), non determina la perdita dei benefici fiscali relativamente all’ulteriore quinquennio. Nell’ipotesi in cui i figli minorenni o a carico non siano residenti nel territorio dello Stato al momento del rientro, gli stessi devono trasferire la residenza fiscale in Italia entro il primo quinquennio di fruizione dell’agevolazione
  • l’acquisto dell’unità immobiliare “successivamente” al rientro deve essere effettuato entro (e non oltre) il primo quinquennio di fruizione del regime (non rileva la data del contratto preliminare).

L’acquisto può essere effettuato solo a titolo oneroso e per l’intera proprietà (100%). Al riguardo, non rileva l’acquisto della sola nuda proprietà o del solo diritto di usufrutto.

2) Sui soggetti che producono reddito di impresa

La circolare chiarisce che il reddito di impresa agevolabile è solo quello dell’imprenditore individuale (articolo 2082 e ss del codice civile), poiché prodotto dalla persona fisica mediante l’esercizio di attività di impresa, mentre restano esclusi dall’agevolazione in esame i redditi prodotti dalle società di persone e imputati per trasparenza direttamente a ciascun socio, in proporzione alla propria quota di possesso, ai sensi dell’articolo 5 del Tuir.

Parimenti, è escluso dal regime agevolato il reddito di impresa prodotto dalle società a responsabilità limitata a “ristretta base proprietaria” i cui soci sono esclusivamente persone fisiche ai sensi dell’articolo 116 del Tuir.

3) Sulla nozione di “residenza”

In caso di trasferimento della residenza in alcune regioni del Centro e Sud Italia, la tassazione del reddito è del 10 per cento.

Al riguardo, nel documento di prassi è precisato che la disposizione fa riferimento alla nozione civilistica di “residenza”, che potrebbe, dunque, non coincidere con il luogo di lavoro e che, ciò che rileva, ai fini dell’accesso al regime agevolato di maggior favore, è il luogo di acquisizione della residenza al momento dell’impatrio.

4) Sulla mancata iscrizione all’Aire

La disposizione normativa prevede che, in caso di mancata iscrizione all’Aire, si può accedere al beneficio a condizione che l’impatriato sia in grado di dimostrare di essere stato fiscalmente residente in un Paese estero in base alla convenzione contro le doppie imposizioni nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento.

Tale “sanatoria” trova applicazione anche nelle ipotesi di “insufficiente” iscrizione all’Aire (ovvero per meno di due periodi di imposta) e anche nei confronti del cittadino straniero che non si sia cancellato dall’anagrafe della popolazione residente in Italia (e che non avrebbe potuto iscriversi all’Aire in quanto straniero), ma sia in grado di provare la residenza all’estero sulla base delle disposizioni contenute nelle convenzioni per evitare le doppie imposizioni nei periodi di imposta in cui era formalmente residente in Italia.

5) Sulla modalità di fruizione dell’agevolazione

Con riferimento alle modalità di fruizione dell’agevolazione, la circolare chiarisce che nelle ipotesi in cui l’impatriato non abbia formulato alcuna richiesta al proprio datore di lavoro, nel periodo di imposta in cui è avvenuto il rimpatrio, né ne abbia dato evidenza nelle relative dichiarazioni dei redditi, i cui termini di presentazione risultano scaduti, per detti periodi di imposta, l’accesso al regime è precluso.

Peraltro, la circolare ricorda che per “termine di presentazione” si intende quello ordinario di presentazione del modello Redditi Persone Fisiche e che è preclusa la possibilità di presentare una dichiarazione dei redditi “integrativa a favore”, ai sensi dell’articolo 2, commi 8 e 8-bis, del Dpr n. 322/1998, trattandosi di un regime opzionale.

Nelle ipotesi in cui i termini di presentazione risultino scaduti, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fruire del regime in esame per i restanti periodi di imposta del quinquennio agevolabile, con detassazione del reddito nella misura in vigore nel periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia.

6) Sulla presentazione dell’istanza di interpello

La circolare in esame ricorda ai contribuenti che, per accedere al regime agevolato, non è necessario presentare un’apposita istanza di interpello probatorio – ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), delle legge n. 212/2000 – al fine di ottenere una risposta da parte dell’Agenzia delle entrate sulla sussistenza delle condizioni richieste dalla norma per l’accesso al regime.

Infatti, laddove sussistano i presupposti per la presentazione di un interpello ordinario, viene chiarito che, al pari della verifica della sussistenza dei presupposti per stabilire l’effettiva residenza fiscale di un determinato soggetto, anche la verifica dei requisiti che devono sussistere in capo al contribuente, ai fini dell’accesso al regime agevolativo in esame, implica valutazioni di fatto che non possono essere effettuate in sede di interpello (cfr circolare n. 9/2016).

7) Casistica

  • Rientro dal distacco all’estero:

in questa ipotesi, è necessario che la nuova attività lavorativa non si ponga in continuità con la precedente posizione lavorativa svolta in Italia prima dell’espatrio, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto, assumendo un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario.

  • Lavoro subordinato svolto a bordo di navi ed aeromobili in traffico internazionale:

in questo caso, per integrare il requisito dell’attività lavorativa svolta “prevalentemente” nel territorio italiano è necessario che l’attività lavorativa sia svolta su tratte aeree nazionali o a terra sul territorio italiano, per un periodo pari o superiore a 183 giorni nell’arco dell’anno.

  • Conseguimento del titolo di studio dopo il periodo di ventiquattro mesi:

in presenza di tutti gli altri requisiti previsti dalla norma, l’impatriato può accedere al beneficio anche nell’ipotesi in cui il mero “conseguimento” del titolo di studio si verifichi successivamente al completamento del suddetto periodo di ventiquattro mesi (ovvero dei due anni accademici).

  • Cittadini italiani residenti in Italia funzionari ed agenti dell’Unione Europea:

trova sempre applicazione l’articolo 13 del Protocollo n. 7 sui privilegi e sulle immunità dell’Unione europea, per cui gli stessi sono considerati ex lege fiscalmente residenti in Italia, anche nelle ipotesi in cui siano in possesso del requisito formale dell’iscrizione all’Aire nei due periodi di imposta precedenti il rimpatrio, con la conseguenza che l’accesso al regime agevolativo per gli stessi, in carenza di uno dei presupposti richiesti dalla norma, deve considerarsi sempre precluso.

  • Incompatibilità tra regime forfetario e regime impatriati:

il contribuente che rientra in Italia per svolgere un’attività di lavoro autonomo, beneficiando del regime forfetario, non può avvalersi del regime previsto per i lavoratori impatriati, in quanto i redditi prodotti in regime forfetario non partecipano alla formazione del reddito complessivo.

  • Rientro a seguito di aspettativa non retribuita:

in considerazione dei meri effetti sospensivi che l’istituto della aspettativa non retribuita produce sul rapporto di lavoro, la circolare ritiene che il rientro in Italia al termine del periodo di aspettativa, con conseguente prosecuzione del rapporto di lavoro “sospeso” durante tale periodo, non sia in linea con la vis attrattiva sottesa al citato articolo 16, in quanto la posizione lavorativa assunta dal lavoratore al rientro si pone in “continuità” con quella precedente al trasferimento all’estero, in considerazione del medesimo datore di lavoro e delle medesime condizioni contrattuali, e pertanto, per i contribuenti che rientrano a seguito di aspettativa non retribuita è precluso l’accesso al regime fiscale in commento.

Fonte FiscoOggi.it